Corso di recitazione “il viaggio”

Corso di recitazione “il viaggio”
Che cos’è un viaggio? Che cosa significa viaggiare? Quali emozioni ci suscita la parola e l’idea stessa di metterci in viaggio? Eccitazione! Trepidazione…emozioni suscitate dalla parola che evoca un’idea, un pensiero, un’immagine. L’arte è maestra in questo e il teatro è, a mio avviso, una forma d’arte che ci aiuta ad esplorare diverse dimensioni, anche e soprattutto interiori; Il viaggio diviene allora un viaggio attraverso la lettura creativa che ci permette di conoscere, terre, culture autori e come noi viviamo e percepiamo noi stessi e il mondo circostante grazie ad essi. Lavoreremo su diversi autori fra cui Shakesperae, Cechov, Pirandello senza escludere naturalmente “el paròn de casa” Carlo Goldoni. Il corso prevede:
impostazione della voce
dizione
tecniche di respirazione e rilassamento
espressione corporea
sense memory
analisi del testo
studio del personaggio
monologo interiore
Il corso si svolgerà ogni mercoledì sera dalle 20.30 alle 22.30 presso la sede del circolo PD Levorin in campo S.Maria Formosa a Venezia a partire da febbraio 2016 fino alla fine di maggio 2016. E’ previsto un evento finale. Iscrizioni in sede mercoledì 27 gennaio 2016 dalle 18.00 alle 20.00 Per informazioni scrivete nella sezione contatti del sito
Federico Corda

Chi ama brucia

Chi ama brucia

Lo spettacolo svoltosi il 24 novembre 2015 per il ciclo “i martedì dell’Avogaria” sembra trasportarci in un mondo irreale, in cui a parlare sembrano più dei personaggi fantomatici, privi di una vita propria e reale, finzione e fantasia, ma in realtà non è così. Si tratta di vita vissuta da una parte e dall’altra del muro, un muro simbolico, reale e concreto che divide esseri umani dagli altri, costretti a perdere a poco a poco, almeno in parte, un pezzetto della loro umanità in nome della professionalità o della sopravvivenza, se si vuole tirare avanti, se si vuole ancora avere un lavoro. Ed ecco che un’attrice, da sola in scena, si sdoppia e crea due personaggi che dialogano tramite uno strumento, la radio, che diventa l’unico mezzo per aggrapparsi ad una realtà diversa, forse nemmeno troppo piacevole, ma sicuramente più umana, comunque alternativa per non auto alienarsi. Uno spettacolo che tocca un tema attuale, non molto conosciuto: quello dei CIE (centro di identificazione ed espulsione per stranieri) con una drammaturgia costruita da Alice Conti e Chiara Zingariello tratta da un’intervista a lavoratori ed ex reclusi. Ottima l’ interpretazione e la regia che per un’ ora e più ci ha tenuti in suspence, divertiti, curiosi di comprendere una realtà al margine. Complimenti! Da vedere. Per informazioni www.facebook.com/ortikanza www.facebook.com/chiamabrucia
Federico Corda

L’aiutante di Brusek

L’Aiutante di Brusek
Un personaggio oscuro? Un meccanico esecutore di ordini mostruosi? Un uomo che ha abdicato al suo senso critico al punto tale da arrivare a sacrificare i propri figli? Oppure un lucido e freddo calcolatore? In una stanza servita da una sedia con giochi di luce a tratti fra il buio e un bianco tetro in un’alternanza fra un dialogo, in piedi, a tu per tu con un pubblico silente o seduto, con lo sguardo vivo e vigile e poi ricurvo su stesso, con lo sguardo vacuo il bravissimo Stefano Piero Detassis ci presenta: Giorgio Valmarana: l’aiutante di Brusek: un medico, uno scienziato che prepara o preparerà pomate cicatrizzanti miracolose che Valmarana sperimenta…sperimenta…per un nobile ideale…forse! Per un’impresa commerciale su scala mondiale, più probabilmente! Ma cosa lo spinge? La speranza? Il suo smisurato ego pur all’ombra del “genio” (del male?)? Lui è pur sempre solo l’aiutante! In un delirio che si alterna a lucidità o forse a lucida follia si snoda questo interessante testo di Carlo Cenini che ci racconta una realtà solo apparentemente immaginaria basti pensare alle attuali pubblicità “un rimedio, per ogni male, per ogni stagione etc.” fino alla commercializzazione avvenuta pochi anni fa negli USA degli psicofarmaci per i bambini che soffrivano di “ansia da prestazione sociale.” Spesso il teatro, anche quello dell’assurdo, ci porta fuori dalla realtà ordinaria per ricordarci quella odierna dove la scienza non sembra più al servizio dell’uomo ma viceversa. Un’altra interessante produzione di macelleria Ettore al teatro a l’Avogaria di Venezia il 15 aprile alle 21.00.

Translating and performing Venice

Translating and performing Venice

E’ il titolo di un workshop o meglio ancora del risultato del lavoro svolto da un gruppo di studenti e docenti dell’Università di Ca’ Foscari che si è svolto venerdì 18 luglio alle ore 17 presso il teatro universitario. Un gruppo di turisti, di studenti alla ricerca di un hotel dal nome caratteristico e tipicamente veneziano: l’hotel Spritz. Così inizia questa performance che coinvolge un cospicuo numero di persone che all’inizio creano una bagarre, un immenso vociare sconnesso che sempre più si ode in Venezia, che mano, mano si placa. Gli attori/studenti si alzano dalla platea e ancora al buio si rivolgono al pubblico in una disperata richiesta d’informazioni in tutte le lingue e naturalmente mostrando l’onnipresente cartina topografica proprio come avviene spesso e volentieri nei contatti fra turisti e Veneziani. Poi salgono sul palcoscenico dove a piccoli gruppi comunicano, sempre in lingue diverse e anche nel nostro dialetto; commistione anche con la lirica. La preparazione dell’evento si è svolta in una settimana, per la stesura del testo, che si è costruito grazie anche ad interviste svolte dai ragazzi ai veneziani, si odono infatti durante lo spettacolo le voci fuori campo degli “autoctoni”. Le prove dello spettacolo sono durate solo due giorni; gli insegnanti hanno segnalato che i teatranti non erano dei professionisti ma dato il tempo a disposizione ritengo personalmente e l’ho detto, che il risultato finale avesse un’impronta professionale. A riscuotere gli applausi anche Oliver, la panca così ribattezzata affettuosamente dai ragazzi che ha fatto da oggetto di scena, da scenografia, oltre naturalmente alle proiezioni. A conclusione il professor Paolo Puppa, ordinario di storia del teatro a Ca’ Foscari e autore di numerosi testi teatrali, ha interpretato il monologo da lui scritto “La fine di Bragadin a Famagosta” prima in Inglese e poi in vernacolo, riportandoci con maestria e audacia interpretativa ad una dimensione del passato, a quella scrittura che anticipava la commedia della riforma di Carlo Goldoni e quella che la precedeva: quella dell’arte, delle maschere; uno stile tanto caro al Beolco, portando in scena tutto il travaglio interiore e la carnalità, non in senso sessuale ma sensuale, intendendo cioè il coinvolgimento di tutti i sensi che portano l’espressione di un popolo che vorrebbe ma non può più ribellarsi nel vedere la sua città in mano a all’invasore nemico ieri e all’invasore amico oggi. Complimenti quindi a tutti i ragazzi che hanno partecipato al progetto che ha coinvolto non solo Ca’ Foscari ma anche l’Università Statale di Milano, di Szeges (Ungheria) e Warwick (Gran Bretagna), ai docenti: Mariacristina Cavecchi, Maureen Freely, Anna Kerchy, Eliana Maestri, Larisa Cocic-Zambo, Loredana Polezzi, Paolo Puppa, Maggie Rose e grazie al direttore artistico del teatro Donatella Ventimiglia che ha concesso l’uso degli spazi permettendo così la realizzazione di un evento così interessante!
Federico Corda

Alice delle meraviglie

Un testo che ci trasporta nell’immaginario, nel mondo dell’infanzia…ma quella era Alice nel paese delle meraviglie! Chi è questa Alice? Una persona in carne ed ossa? Un simbolo? Un’immagine specchiata? Forse un insieme di tutto ciò. E che cosa vuole dirsi e dirci quest’Alice che ricorda i personaggi becketiani, del teatro dell’assurdo ma che con espressioni e toni che rimembrano clownerie, ci inviano messaggi profondi. E questa Alice così ingenua e così saggia ci porta per mano in una sorta d’indagine interiore per comprendere dove e se ci siamo persi e soprattutto quando e in che punto, poiché l’idea del tempo è del tutto azzerata o forse, come la matematica è un’opinione, un ‘espressione o meglio ancora una percezione personale, sarà lo spettatore a trarne le conclusioni che saranno individuali, il tutto grazie all’interpretazione forte e sensibile di Maura Pettoruso che, con un’assoluta padronanza del corpo ritma lo scorrere del tempo, in un ticchettio delle lancette scandito dal senso orario o antiorario della sua caviglia dall’espressione stupefatta del suo viso quando comprende di essersi persa? Complimenti a lei e alla regista nonché autore del testo Carmen Giordano. Al teatro a l’Avogaria martedì 8 aprile 2014
Federico Corda

“Elogio alla coerenza” di Andreina Corso

Luicana De Fanti al Village del Parco di San Giuliano, nella sede della sua Scuola…

Elogio alla Coerenza, al Genio e all’Arte.

Anche questa volta. come le precedenti e come quelle che verranno, la ballerina e coreografa Luciana De Fanti, una storia esemplare di competenza, professionalità, amore per la danza e per la vita, ci ha regalato il brivido della meraviglia.
Le sue allieve, in straordinarie coreografie dedicate al linguaggio poetico, hanno rivelato una passione che Luciana de Fanti è riuscita a trasferire e che le giovani ballerine hanno messo in campo con intelligenza, armonia e rigore.
Svetta il senso di complicità fra Maestra e Allieve, dove un rapporto si nutre di amore, consapevolezza, studio, disciplina aerea, confronto, fatica.
Il corpo diventa un elemento magico nel suo narrare la poesia, si apre alla vita, alla bellezza, rimuove miti antichi e suggestivi, non a caso i lavori di Luciana de Fanti hanno avuto il riconoscimento dovuto a livello nazionale ed internazionale.
Chissà se la città, la sua città è abbastanza consapevole del valore di questa professionista. Discreta, educatrice attenta ai bisogni dei giovani e della società, sorprende in tutti i suoi messaggi artistici. La rappresentazione è la forza con la quale evoca ricordi talvolta amari e difficili a cui la vita l’ha sottoposta. La danza è il suo mondo, il teatro la sua casa, la musica il suo respiro e le sue allieve alimentano questo universo affettivo che consola la realtà piegata in un sommesso dolore fatta di delusioni, indifferenza e lontananza.
E’ lei a rovesciare questa logica con un messaggio rivoluzionario che impegna la mente e il cuore. Ci mostra un mondo “altro” di cui far tesoro, abitato dalla qualità del gesto e dal rispetto di sé stessi e degli altri. Questo è il mondo che ci deve contaminare, disinquinando quell’altro, che non ci piace.
Andreina Corso

Gli acrobati

Gli acrobati

Narra la vicenda immaginaria di un gruppo di Chassidim che, durante la deportazione degli ebrei nei lager, viene, per errore, stipato su un treno di teatranti. Il gruppo, per sfuggire al suo destino, decide di fare di necessità virtù e di trasformarsi in una compagnia di acrobati. Ognuno deve fare la sua parte nel doppio senso della parola: dare il proprio contributo e ricoprire un ruolo, carpire dai veri artisti i “segreti” del mestiere per avere credibilità. Con questo testo, spettacolo di fine anno della scuola di teatro Giovanni Poli, tratto da un racconto dello scrittore israelo-americano Nathan Englander, gli allievi , magistralmente diretti dal regista e docente Stefano Pagin ci hanno rappresentato in una scena “nuda” questo viaggio assurdo, mesto, talvolta ironico, che ci presenta conflitti familiari, rivendicazioni patriarcali, distribuzione di poteri gerarchici in un movimento continuo, con un fluttuare di corpi che ricordano il lento andamento del treno, con improvvise e brusche frenate che scaraventano i passeggeri da un lato all’altro del palco scenico in un roboante frastuono, gli effetti affidati alle voci degli attori. L’uso del corpo, come strumento di espressione armonica e dirompente è un tratto caratteristico delle regie di Pagìn, basti ricordare Sherazad, le Massere. Un’atmosfera gaia, come in “train de vie”, che però non distoglie l’attenzione dello spettatore dal tema tanto oscuro e spesso tutt’oggi revisionato dell’olocausto.
Federico Corda

Tom Parish VENEZIA

Tom Parish
VENEZIA
L’artista americano torna, con una sua personale, per la terza volta a Venezia, nella nostra e ormai, si può dire a pieno titolo, nella sua Venezia. Negli anni infatti, Parish ha, non solo imparato a conoscere la città ma ci ha condotto, passo, passo ad una sua scoperta e riscoperta nei suoi “anfratti” nelle parti più nascoste che possono sfuggire al turista mordi e fuggi e talvolta venire dimenticate o archiviate nella memoria anche da noi, suoi abitanti. Spesso infatti, noi Veneziani tendiamo a percorrere e ripercorrere sempre gli stessi luoghi, le stesse strade di una città che sentiamo sempre meno nostra e che piano piano ci sta sfuggendo di mano. Un pittore d’oltre oceano arriva in questo luogo, lo scruta, se ne innamora e con la sua arte decide di “dipingerla” anche per noi affinché possiamo riappropriarcene almeno interiormente. Non essendo un critico d’arte non mi cimenterò nell’analisi della sua tecnica pittorica già ottimamente esaminata da eminenti critici, dirò solo le emozioni che essa mi suscita e da attore percepisco una commistione o meglio un connubio se non una comunione delle varie espressioni artistiche. Vi è infatti nello stile dell’artista una sorta di regia che egli stesso prevede, poiché procede prima immortalando in fotografia un luogo, per poi trasportarlo sulla tela. Una volta però esposto su di essa si può percepire tutta la carica emotiva che egli vuole trasmettere pur essendo molte delle sue opere profondamente rasserenanti. Ampie vedute di palazzi veneziani, di canali di luoghi. Le persone pressoché assenti se non con alcune eccezioni, ma in realtà non assenti bensì solo non apertamente raffigurate; eppure la città non sembra affatto una città fantasma anzi è ricca di una vita propria che Parish manifesta nell’uso del colore e del riflesso penso a “Respiro”olio su lino 2008 e a “Mattina” olio su lino 2009 e ai tratti forti e accesi di Primavera Veneziana e Memoria, stessa tecnica entrambi del 2013. L’elemento acqua onnipresente e seppur mosso, poiché vivo e portatore di vita, mai tempestoso o minaccioso quasi a voler raffigurare la matrice vitale dell’elemento tanto caro sia al filosofo greco Talete che ai Taoisti, l’acqua è il primo degli elementi dal quale gli altri nascono e sono controllati in un’alternanza di yang yin yang yin. Questa mostra, che fa parte se vogliamo di un “trittico”, mi prendo una licenza poetica, è il terzo tassello che prosegue idealmente le precedenti “Grandi finestre/Large windows” alla scoleta del Battioro e Tiraoro del 2009 e “Canti silenziosi di Venezia/Silent Songs of Venice del 2012 al museo diocesano. Dal 5 giugno al 31 agosto presso il Chiostro della Madonna dell’Orto e presso la sede del ristorante Antica Sacrestia di Venezia.
Federico Corda

Parla PD

E’ ripartito il “Pa(r)la PD. Dal 15 al 23 maggio, tutti i giorni in campo S.Margherita nel tendone, una serie ricca di appuntamenti interessanti con attività diverse, dal gioco all’intrattenimento, agli appuntamenti politici. Diversi temi in occasione delle elezioni europee: ecologia, economia, impatto ambientale, immigrazione etc. Coinvolgimento attivo dei cittadini che potranno interloquire direttamente con i loro candidati per scelte importanti che riguardano il futuro dell’Italia in Europa. Un’occasione da non perdere… Per tutte le informazioni www.pdvivianvenezia.it

I gioielli di famiglia ovvero paga Pantalone

Successo al teatro a l’Avogaria di Venezia con “I gioielli di famiglia ovvero paga Pantalone” spettacolo di fine anno degli allievi della scuola teatrale Giovanni Poli diretti da Giorgio Bertan e Nora Fuser. Un canovaccio elaborato dai ragazzi che, sotto la direzione dei maestri, hanno portato in scena lazzi, duelli con spade e bastoni, schermaglie amorose, tutto ovviamente nello stile tipico della commedia dell’arte di cui il teatro a l’Avogaria porta avanti l’insegnamento da lungo tempo, festeggiando quest’anno 45 anni di attività ininterrotta come ha precisato il direttore Stefano Poli. Sul palco hanno preso vita diverse maschere da Pantalone dei bisognosi, da cui prende il titolo la commedia, a Brighella, Arlecchino il dr. Balanzone, i capitani etc. affiancati da altri personaggi senza maschera, in un avvicendamento brioso per valorizzare l’espressività artistica degli allievi. Si è “letta” la presenza tra le righe anche della commedia della riforma: la tirchieria de “Sior Todero Brontolòn”, l’innocenza de “la pupilla” il conflitti de “gli innamorati” e del teatro romano con “l’Aulularia” (la famosa pignatta è diventata un pitale) con riferimenti ai problemi attuali di Venezia: l’invasione dei turisti e il disagio dei residenti, lo smaltimento delle immondizie, al secolo scoasse, per toccare anche temi più duri come il problema dell’immigrazione e lo sfruttamento da parte dei potenti delle classi più deboli. Complimenti vivissimi quindi ai docenti e agli allievi. www.teatro-avogaria.it
Federico Corda